Ho cominciato a viaggiare e ad amare il viaggio verso i 17 anni. Eravamo negli anni '70 ed allora ci si muoveva in economia. Terminata la scuola, si cercava un lavoretto, poi, con qualche spicciolo in tasca, zaino militare in spalla, si vagabondava in autostop per tutta l'Europa. Londra,Parigi erano le mete preferite da noi giovani coi capelli lunghi; lì,per sopravvivere, facevamo quei mestieri praticati di solito dagli studenti per procacciarsi un po' d' "argent de poche": cameriere, lavapiatti, garzone di cucina, portiere d'albergo, etc. Davvero fantastici quegli anni in cui allargavamo sempre più i nostri orizzonti geografici e culturali e sottoponevamo l'intelligenza ad una salutare ginnastica, iniziando a studiare nel gran libro del mondo! Poi, negli anni della maturità, ho rivolto il mio sguardo fuori dall'Europa, verso l'Africa e sono stati migliaia di chilometri in Land Rover, in Vespa ed ancora in fuoristrada; il Marocco, la Tunisia, la Libia, la Mauritania, il Senegal, il Gambia. Paesi ed ambianti molto diversi dal nostro ma estremamente affascinanti; usi,costumi e mentalità di popoli a me prima sconosciuti poi, col tempo, divenuti più familiari ed apprezzati, man mano che la conoscenza vinceva il pregiudizio.In questi anni mi sono chiesto spesso quale possa essere il senso profondo di questo viaggiare; che cosa mi spinga a viaggiare, cioè ad abbandonare, sia pur per brevi periodi, la propria dimora, le proprie comodità e la propria sicurezza per cacciarsi in situazioni incerte, a volte potenzialmente pericolose o comunque al di fuori degli schemi abituali di una rassicurante quotidianità.Potrei rispondere usando le parole di Pascal quando afferma che:"La nostra natura consiste nel movimento, la quiete assoluta è morte". Nella bellissima poesia "La lunga strada", il poeta americano Lawrence Ferlinghetti rappresenta addirittura l'esistenza umana come un viaggio più o meno lungo che noi facciamo a bordo di un treno sul quale saliamo appena nati.Il treno parte ed attraversa vallate,campagne, città; s'inerpica su colline e montagne, otrepassa fiumi e ponti.A nessuno è dato di scorgere il conduttore,nemmeno a coloro che, ad una curva più stretta,sporgendosi dal finestrino, possono dare una fugace sbirciatina nella locomotiva. Poi, nell'ultima parte del viaggio, il treno entra in un buio tunnel; il capotreno senza volto ci invita con modi bruschi a scendere.. Ora, se l'esistenza umana è essa stessa un viaggio, sarebbe utile approfittare al massimo del tempo che ci è dato da vivere,percorrendo quante più strade possibili.Questo doveva essere il convincimento di Ibn Jubayr, grande viaggiatore andaluso che già nel XII° secolo, rivolgendosi ai giovani del suo tempo,li invitava al viaggio con queste parole:" Se sei un figlio del Maghreb, e agogni il successo, allora dirigiti verso la Terra d'Oriente! Abbandona il tuo luogo natio,in cerca di conoscenza(...) La porta d'Oriente è aperta: o tu che desideri conseguire il sapere, varcala con passo festoso. Cogli la possibilità di liberarti delle cure mondane, prima che la famiglia e i bambini ti intrappolino, prima che venga il giorno in cui digrignerai i denti rimpiangendo il tempo passato(...).
Cari amici, ho voluto presentarmi a tutti voi riprendendo un pezzo di un articolo che ebbi a scrivere qualche tempo fa.In esso si ritrovano, almeno in parte, le motivazioni della mia avventura africana.
Se qualcuno di voi ha intenzione di fare un viaggio in Africa in vespa deve avere innanzitutto molto tempo a disposizione: in Africa l'idea del tempo come l'intendiamo noi non esiste.Il mio viaggio era previsto che durasse 4 mesi ed invece sono stato fuori per quasi 8 mesi, diventando ostaggio di attese infinite, di ritardi imprevesti ed imprevedibili.Vi faccio due esempi.Quando sono arrivato a Cotonou, nel Benin mi sono recato all'ambasciata della Nigeria per il visto che mi è stato rifiutato nonstante le mie insistenti richieste.Quando mi ero già rassegnato a fare il periplo della Nigeria ed arrivare sino in Tchad per poi scendere attraverso il Cameroun, ho avuto al fortuna di conoscere il capitano di una nave del Gabon che mi ha dato la sua disponibilità a portarmi sino a Libreville.Ho dovuto comunque aspettare circa un mese per la partenza.Sulla nave ho fatto il cuoco,cucinando(quando ne avevo voglia) per il comandante e gli ufficiali, con i quali condividevo i pasti.A kinshasa ho atteso 45 giorni per la partenza della chiatta che doveva condurmi sino a Kisangani. Un viaggio di 25 giorni sul tratto navigabile del Congo(1730Km) in condizioni durissime.
Chi si reca in Africa deve avere un' infinita pazienza, una qualità indispensabile a respingere gli attacchi innumerevoli di polizia e soldati, disposti ad usare qualsiasi mezzo per estorcerti del denaro,perchè un bianco è sempre colui che possiede la ricchezza.
Occorre conoscere bene il Francese e l'inglese, ma una buona conoscenza di queste due lingue non è sufficiente.In certe occasioni bisogna usare le parole giuste,dopo averle studiate e ben soppesate,tenendo conto della persona che ti sta di fronte, del suo ruolo, del suo grado, della sua cultura e soprattutto della sua psicologia.
Un'avventura africana richiede una resistenza formidabile. Non mi riferisco alla resistenza fisica bensì alla capacità di sopportare , spesso in solitudine, per un periodo più o meno lungo, la tensione e lo stress insiti in un viaggio estremo.
Ora vi lascio perchè è già tardi e non vorrei stancarvi ulteriormente. A presto