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Marben

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  1. Valerio, credo nessuno voglia insinuare che quella Vespa sia nata così. Sicuramente è un Frankenstein nato da una riparazione alla buona avvenuta nel tempo, in Italia o altrove. Gli enti Austriaci probabilmente sono più elastici ed hanno ammesso la registrazione col nuovo numero motore. Ma magari l'hanno fatto a patto che rispettasse le prestazioni originali. Per quello che sappiamo, al di là di quanto dichiarato, potrebbe essere ancora 50 cc, visto che monta la cuffia piccola.
  2. Se n'è già parlato in passato ed è la velocità massima di omologazione ad essere determinante. Vedi qui :
  3. Nel mio passato ormai remoto c'è stato anche il servizio presso il direttivo di un Vespa Club locale, avendo peraltro partecipato alla sua fondazione quand'ero poco più che ragazzino. Gestire un'associazione è complesso e la burocrazia non manca; il rischio è che questo sposti del tutto l'attenzione dagli scopi che un'associazione dovrebbe proporsi: aggregare persone, organizzare attività di intrattenimento e di arricchimento culturale, o anche solo meramente ricreative; promuovere iniziative a scopo benefico. Il rischio è di perdere rapidamente di vista queste nobili finalità per ritrovarsi ad essere funzionari di una macchina da tesseramento. Questo ha portato stanchezza presso molti Club "buoni" che si sono fatti conoscere per iniziative ben riuscite; non a caso questi sono nella stragrande maggioranza dei casi seriamente tentati di lasciare il VCI, se non l'hanno già fatto. Insomma, i virtuosi ci sono ma spesso non sembrano allineati con l'attuale dirigenza. Io da anni giro col mio gruppo di amici, senza tessere né impegni e sto benissimo; questo pur tenendo rapporti di amicizia con alcuni Vespa club ai quali va tutta la mia stima per le cose buone che fanno.
  4. I numeri con ogni probabilità indicano lo stampo dal quale è nato il pezzo; spesso al numero è affiancata una lettera, che è verosimile indichi eventuali modifiche allo stampo.
  5. Chiarissimo ed esauriente. Quello che si dice documentare. Grazie! Luca, ricordo quello che scrivesti a suo tempo. Ricordi magari anche l'anno di produzione?
  6. Sembra, insomma, che ogni motivo sia buono per accrescere il valore. Con argomentazioni buone, forse, per un profano. E questo già fa pensare sull'intera discussione, che pare volta a creare dubbi presupposti sui quali gonfiare il valore di una Vespa. Per fortuna non bastano simili artefatti. Cavalletto nero certificato da chi? Anziché argento metallizzato: quando mai il cavalletto originale è stato verniciato con tinta metallizzata? Come è noto, era zincato bianco. Questa discussione è mossa davvero dal nobile intento di individuare i canoni di originalità di una ET3? Da questo scambio non sembrerebbe. Piuttosto insolito che congiunti comunichino attraverso la messaggistica privata di un forum. Nel mondo accadono spesso cose molto curiose, ma non deve stupire che chi legge si senta preso in giro.
  7. Questa citazione conferma un dato essenziale dal quale non si può prescindere. Ovvero che in Piaggio c'è carenza di informazioni su molti aspetti, per la semplice ragione che molte non sono state registrate oppure i documenti relativi sono stati smarriti o distrutti. Di simili risposte ci sono molteplici testimonianze; ovviamente Il Servizio Clienti utilizza formule vaghe come quella di cui sopra, espedienti che sono ben noti a chi si ritrova a comunicare con l'esterno in una realtà industriale, sia essa piccola oppure grande come è la Piaggio. In altre situazioni le risposte sono state palesemente inesatte o piuttosto vaghe. Continui ad aggrapparti a questo esemplare, ma come argomentazione è inopportuna. Abbiamo visto come la produzione per il Giappone riguardi periodi diversi rispetto alla produzione canonica. La questione è dirimente, perché si rischia di considerare come colore extra serie una tinta che può essere invece stata impiegata su decine, centinaia, magari migliaia di esemplari. In altre parole, è verosimile che questo verde metallizzato sia stato fra i colori standard delle ET3 prodotte fra gli anni '80 e '90 per il mercato Giapponese e quindi non abbia nulla di straordinario. Per esempio è fuori di dubbio che in Giappone l'ET3 sia stata venduta anche in livrea bianca. Ne abbiamo prova in questo sito giapponese che dà ampia testimonianza di un esemplare appena consegnato nel paese del Sol Levante. Ma questa produzione è difforme da quella a noi nota non solo nella gamma di colori, ma anche per alcuni dettagli costruttivi. Uno dei più evidenti il corpo serratura del bloccasterzo, di produzione Zadi come la serratura stessa, palesemente diverso dal Neiman utilizzato sino a che l'ET3 è stata venduta in Italia ed in Europa. A questo si aggiungono il copriventola tipo PK, il cavalletto verniciato in nero, lo strumento tachimetro a fondo nero con cassa in plastica, indicatori di direzione, gommino pedale freno a righe, sella con serratura. Particolari che possiamo giudicare anomali (e che ritroviamo giustamente nell'esemplare del Museo Piaggio), ma che debbono essere inquadrati nel tempo. Non possiamo, sulla scorta di questo, dire che ET3 vendute in Italia potessero avere queste caratteristiche, né usare questa Vespa per dimostrare efficacemente l'esistenza dell'ET3 Biancospino. Sappiamo che l'ET3 Biancospino è effettivamente esistita, ma possiamo affermarlo solo ed esclusivamente grazie a taluni conservati sopravvissuti alle ingiurie del tempo. Peraltro ritengo plausibile che l'ET3 bianca "Giapponese" non sia nemmeno Biancospino, colore non più in uso in Piaggio dalla prima metà degli anni '80. Più verosimilmente potrebbe essere un bianco 724, largamente impiegato sulle PX Arcobaleno degli anni '90.
  8. Il Verde 6002M è una tinta del 1951, impiegata sulle Vespa 125 V30T-V33T. Dunque molto distante in linea temporale dalla ET3. È opportuno ricordare che la 125 Primavera ET3 è stata prodotta lungamente per l'esportazione in Giappone, indicativamente sino al 1995-1996; questa produzione specifica, come quella di altri modelli - segnatamente 50 S e 100 - che hanno avuto una seconda giovinezza, è stata fornita in una gran numero di tinte atipiche, ma sicuramente utilizzate nell'ambito della gamma di veicoli Piaggio degli anni '80 e '90. Nel caso della ET3 esposta al Museo Piaggio è ragionevole pensare che si tratti del Verde Vintage 379, impiegato in quegli anni pure sulla ET4. A questo vorrei aggiungere che le tinte in uso nelle produzioni estere, quale è quella Motovespa, non debbono essere necessariamente ricondotte alla gamma italiana; anzi è assai più probabile che la gamma colori spagnola fosse del tutto indipendente, come pure è possibile che le vernici fossero fornite da un'altra società, Detto questo, la T3 visibile in quella piccola fotografia ha una tinta che potrebbe somigliare al Verde Jungla; non è detto che sia quello e comunque nulla aggiunge alla faccenda ET3. Eventualità tutta da dimostrare e alquanto improbabile, oltre che poco sensata. Si potrebbe aprire un dibattito su quali siano i colori ufficiali; Piaggio stessa ha dato spesso indicazioni fuorvianti, sulle tinte ma talora pure se altri dati scritti nei certificati d'origine (ad esempio città dove è stato venduto da nuovo un veicolo, se ne parlò in queste pagine anni fa). Piaggio probabilmente ora confezionerà documenti costosi in una veste luccicante - pardon, cool - ma non è detto che sappia fornire con impeccabile precisione certe informazioni. Basti ricordare che per gli Arcobaleno prodotti nel 1983 ha indicato, per anni, le tinte della precedente serie PX prodotta nel medesimo anno. Aggiungo che capitano esemplari di un modello in livree non date per certe, tuttavia di solito si tratta di tinte utilizzate nel resto della gamma nello stesso anno. Questo senza ricorrere all'accattivante coinvolgimento del jet-set. Tema senz'altro appassionante, ma che rischia di essere, in assenza di una ricostruzione documentale ineccepibile, solo l'ennesimo tentativo di avviare una speculazione in seno ad un mondo già infestato dagli avvoltoi. Tentativo che, tuttavia, potrebbe morire sul nascere, con buona pace di qualche Sultano del Brunei e del suo invidiabile harem di Vespe.
  9. Purtroppo no, anche per me resta un mistero. Potrebbe essere imputabile ad un deterioramento delle bobine, inteso come perdita di isolamento fra alcune spire per danneggiamento dello smalto isolante che ricopre il conduttore. Però le mie vaghe reminiscenze scolastiche in tema di campi elettromagnetici mi farebbero pensare che una diminuzione delle spire comporti una diminuzione della tensione e non il suo incremento. Purtroppo è un problema relativamente comune e che ho sperimentato anch'io con uno statore ET3,
  10. Marben

    200 sbrodolona

    Se la candela è nocciola ed il motore non dà evidenti segni di carburazione grassa, io lascerei così. Sul mio 200 ho il 120, abbinato a marmitta Scootopia e filtro T5, Ed ho il mix, per il quale si considerano convenzionalmente due punti in meno. La tua ha la testa MMW e perciò, si ritiene, un RC sensibilmente più elevato. Per le perdite dallo scarico, spesso si verificano in primo luogo dal filetto del manicotto di scarico. Assicurati che il manicotto non si sia allentato: pare strano, ma a volte succede, anche se la marmitta è ben serrata. Io lo toglierei dal cilindro e pulirei accuratamente entrambi i filetti. Poi darei un velo di sigillante (io se ben ricordo ho usato a suo tempo il silicone bianco della Arexons specifico per motori Fire, dato mi pare per 300°). Esistono anche sigillanti appositivi per i collettori di scarico. Riavvita poi il manicotto mandandolo bene a fine corsa e rimonta la marmitta. Aspetta almeno una mezza giornata prima di avviare il motore, per sicurezza.
  11. Era in busta originale LML? Comunque se conosci qualcuno pratico col saldatore non avrà problemi nel sistemare le saldature. Per quello che vedo c'è un errore di base: i conduttori delle bobine devono essere infilati e saldati entrambi nell'occhiello metallico sul rocchetto. Questo a garanzia di resistenza meccanica. Se i due fili di rame sono stagnati 'in aria', senza vincoli, non è improbabile che le vibrazioni possano logorare la stagnatura (magari non in tempi così brevi).
  12. Sì, quello che vuoi fare è fattibile, adattando i connettori o più semplicemente sostituendoli con comuni faston. Eventualmente puoi adottare la scatola a bassa tensione con quella del PX prima serie che ha il pettine per alloggiare ordinatamente i faston. Per la marca dello statore, si trovano gli originali Piaggio a cifre esigue, ma la qualità è altalenante. Insomma, è una scommessa. Per questo, spesso si consiglia di revisionare un vecchio originale Piaggio.
  13. Lo statore guasto in foto aveva evidentemente due problemi, ma il filo consumato dal volano è un filo di massa, quindi è probabile che non abbia avuto effetti sull'accensione, dal momento che non mi sembra sia interrotto. La saldatura venuta meno, invece, sicuramente ha pregiudicato il funzionamento dell'impianto luci e la ricarica della batteria. Mi pare di capire che lo stesso problema si sia presentato su più di uno statore. Questo è piuttosto strano. Sarebbe opportuno ripassare tutte le saldature e recuperare questi statori. Oppure, se vuoi passare al ricambio Piaggio, puoi adattare l'impianto della tua Star e credo che, fatto trenta, sarebbe sensato fare 31. E cioè adottare una centralina tipo Ducati che sostituisca la centralina originale LML e, con essa, anche la bobina ad alta tensione. La modifica è relativamente semplice, Si tratta di installare la centralina, su apposita staffa, in luogo della bobina LML. Ad essa vanno condotti i tre cavi uscenti dallo statore (rosso, bianco e verde). Occorrerà inoltre condurre il cavo preposto all'arresto del motore (che va dunque al blocchetto chiave) alla nuova centralina. Questo - vado a memoria - dovrebbe essere il bianco-verde dell'impianto LML, ed arriva alla centralina CDI alloggiata dietro alla batteria (perciò dietro alla ruota di scorta). Da qui dovrà ripartire un cavo che, attraversando la scocca, raggiunga la scatola di bassa tensione (scatoletta nera) posta sopra al carter motore e, da qui, la centralina tipo Ducati. Il collegamento dell'impianto luci sarà facile, blu con blu e nero con nero; il connettore rapido Piaggio è diverso da quello LML. Nel caso è possibile eliminare entrambi utilizzando faston maschi+femmine.
  14. Potresti inserire qualche foto dello statore che hai sostituito? L'impianto luci è alimentato da quattro bobine collegate in serie. Oltre alle saldature dei cavi alle estremità di questa serie, dovresti controllare anche le saldature fra le singole bobine. Controlla anche l'integrità del connettore nella scatola a bassa tensione collocata sopra al carter motore.
  15. Ho ricreato l'articolo, che era scomparso per qualche motivo, aggiornandolo in alcuni contenuti.
  16. Dal Vietnam e dall'Indonesia Vespe restaurate, colorate e accattivanti, ma nascondono mille insidie. Vogliamo smascherarle Una tipica Vespa "restaurata" in paesi come Vietnam e Indonesia. L'aspetto ricercato, ancorché non sobrio, nasconde tantissime insidie. Fonte: Forum ModernVespa Nella patria della Vespa non hanno preso piede, limitandosi a poche apparizioni. Ma, come si suol dire, prevenire è meglio che curare. Alla luce di questo sano principio, vorrei porre l’attenzione sul tema delle Vespa restaurate in Estremo Oriente – e citerei a questo proposito Vietnam ed Indonesia come epicentro – e poi rivenduti in Europa, Oceania e America del Nord. Questa peculiarità ha portato gli appassionati di lingua anglosassone a identificare questi mezzi con un termine ben preciso e piuttosto eloquente: vietbodge. Dove bodge è un modo gergale per dire "riparato male".La premessa doverosa è che in Asia la nostrana Vespa è assai diffusa, grazie anche all’attività di diverse aziende licenziatarie che nel passato hanno stretto accordi con Piaggio. Delle vere e proprie ambasciatrici dello scooter italiano per eccellenza. E non è certo verso di loro che dobbiamo puntare il dito, alla luce del monito che sto per snocciolare in questo articolo.Dicevo: la Vespa è estremamente diffusa nei paesi più poveri dell’Asia, seconda forse solo al «Cub» della giapponese Honda. E’ chiaro quindi che quelle zone costituiscono un ricco di bacino di mezzi d’epoca; se due più due fa quattro, è chiaro come l’orientale attenzione per le fonti di guadagno abbia sfruttato la crescente «febbre da scooter» dei Paesi Occidentali.Il passo è breve, e così in Vietnam ed in Indonesia sono fiorite delle attività più o meno improvvisate di ricondizionamento di Vespa e Lambretta d’epoca. Mezzi rigorosamente molto vissuti, secondo gli usi di quelle popolazioni. I “restauri” (termine che uso tutt’altro che volentieri, in questo frangente) di provenienza asiatica mostrano la scarsissima professionalità dei loro autori. Ma quel che trae certamente in inganno, è l’aspetto estetico decisamente accattivante del prodotto finale, pur essendo ben distante dal concetto di «originalità» tanto caro agli appassionati, in particolare italiani.Sotto ad un vestito lucido e sgargiante – e sotto a diversi millimetri di stucco e resine – si celano tanto i danni del tempo e dell’utilizzo, tanto quelli dei discutibili interventi di ricondizionamento. Chi ha avuto modo di intervenire su questi mezzi, si è spesso trovato davanti a scene quasi incredibili: telati ottenuti saldando lamierati donati da più Vespe, con saldature tutt’altro che precise e inesistenti interventi di lattoneria. Certo, ci pensano stucco e vetroresina a mascherare. E’ chiaro che un telaio così ottenuto non dà confortanti garanzie sulla sua robustezza. Questo pone anzitutto l'attenzione sulla sicurezza, elemento che deve essere sempre caro, tanto più se riguarda il mondo già di per se insidioso delle due ruote.Non finisce qui: anche il versante della meccanica non è minimamente curato, ed anche qui a farne le spese è certamente la sicurezza, oltre che l’efficienza e l’affidabilità complessiva del mezzo. I motori sono spesso stati oggetto di vere e proprie sevizie. Il web è ricco di inquietanti servizi fotografici che ben documentano lo scempio. Non è raro trovare viteria devastata e cuscinetti ed alberi estremamente usurati; spesso la minuteria originale è rimpiazzata con pezzi creati con mezzi «di fortuna», per usare un eufemismo. I giochi meccanici sono spesso eliminati usando lamierini e pezzi di lattine (!), inseriti come spessori. Gli anelli seeger sono talvolta rimpiazzati da cavi in rame arricciati. Simili espedienti, ovviamente, non possono risultare affidabili. Di conseguenza, i motori così assemblati sono soggetti a continui problemi, oppure funzionano per un periodo assai limitato, manifestando prematuramente inconvenienti anche piuttosto gravi.Non finisce qui. Interventi devastanti interessano frequentemente anche il sistema frenante, gli attacchi degli ammortizzatori e delle ruote: logicamente anche in questo caso la sicurezza è un aspetto totalmente trascurato.Vi propongo di approfondire l’argomento dando uno sguardo ad alcune pagine web. La prima, raggiungibile a questo indirizzo, documenta quella che è l’esperienza di un utente del nostro forum, Ronco. E’ una pagina divenuta piuttosto famosa e narra della «VBB nera», una Vespa assai sfortunata che suo malgrado è divenuta un po’ un simbolo del brutto fenomeno che stiamo raccontando. La VBB nera oggetto degli interventi di Ronco. Una delle prime, significative testimonianze di cosa si nasconda sotto alla vernice lucida di questi scooter. Abbiamo fin qui messo in guardia sulle conseguenze cui si andrebbe incontro con un simile incauto acquisto. Ora vediamo come riconoscere questi mezzi. Cosa di fatto non così difficile, perché come anticipato sono scooter dalle colorazioni spesso sgargianti, dotati di numerosi accessori cromati e vernice sempre lucidissima.Anzitutto partiamo coi modelli maggiormente interessati: si tratta quasi sempre di Vespe VBB, Sprint e Super. Tutte versioni estremamente diffuse in Vietnam ed in Indonesia. Non mancano anche le smallframe (50 in particolare), anche se decisamente in minor numero. Doveroso aggiungere le ricercatissime 50SS e 90SS: molti esemplari, spesso rivelatisi contraffatti, arrivano da quelle zone. Ma per questi due ultimi modelli il discorso è più complesso (proprio per la questione dei falsi) e pertanto è opportuno rimandarlo, con l’intento di trattarlo con la dovuta completezza.Proseguiamo nel nostro viaggio alla scoperta dei «caratteri distintivi» delle Vespe vietnamite, procedendo dai dettagli più appariscenti. Fra questi, la colorazione: spesso sgargiante e bicolore, con un ampio utilizzo di tinte metallizzate e perlate (ma non mancano Vespe con colori pastello anche tenui, e livree monocolore non molto diverse da quelle originali). Balzeranno poi all’occhio gli accessori cromati – solitamente presenti in quantità – quali portapacchi, paracolpi di ogni genere, schienali con cuscino, borchie copriruota, bordiscudo tubolari cromati (fissati con viti) in luogo di quelli in alluminio. Assai ricorrente è un fregio a forma di stella, cromato, a parziale copertura dei tamburi freno.Prestate poi attenzione a particolari come le selle e la marmitta. Le prime sono spesso molto colorate, talvolta anch’esse bicolore. Nel caso delle selle monoposto, se la maniglia è cromata, questo è già un buon indizio. Quanto alla marmitta, i «restauratori» vietnamiti amano che sia anch’essa cromata. Magari a doppio scarico, un po’ a fare il verso alle vecchie Abarth nostrane. In caso di improvvisi quanto rari moti di sobrietà da parte delle maestranze asiatiche, potreste trovare il solo terminale cromato.Osservate attentamente anche la strumentazione. Solitamente vengono montate delle pessime riproduzioni, ben diverse dai contachilometri originali. Possono rivelarsi anche parecchio fragili e soggetti a precoci guasti. Un altro elemento ricorrente è il bauletto retro scudo, solitamente montato anche sui modelli (quali i tre citati in precedenza) che in origine non lo prevedevano affatto. La forma di tale bauletto è solitamente molto simile a quello che, all’epoca, equipaggiava la GS 160.Altri dettagli che non sfuggiranno agli occhi più attenti sono le parti in gomma. Anzitutto, le scarpette di cavalletto in gomma trasparente gialla: sono pezzi ovviamente non originali e non sono diffusi in Europa. Costituiscono a tutti gli effetti un particolare distintivo, per la verità anche piuttosto antiestetico. Anche le manopole ed i numerosi profili in gomma (montati attorno al serbatoio e sulle battute degli sportelli) hanno qualcosa da dire: spesso sono ben diversi dagli originali, e l’impiego di bordature è un vero e proprio abuso, sfruttato anche per mascherare accoppiamenti imperfetti.Per concludere, ultimi elementi da osservare: il tappetino centrale in plastica rigida, lo stesso del PX Arcobaleno, è spesso montato sui modelli più anziani (ed il risultato ovviamente non è dei più apprezzabili); loghi e targhette di forma e colori insoliti sono infine di origine asiatica e sono usati frequentemente sulle sventurate Vespe del Vietnam. Un particolare del un telaio sabbiato di una Vespa vietnamita. Si tratta, in particolare, della VBB nera la cui storia si trova nel link al sito di Ronco. Un altro aspetto ricorrente è la tendenza a creare grottesche imitazioni, letteralmente cambiando i connotati ad un modello per farlo assomigliare ad un altro, ovviamente di maggior valore. Così non è raro imbattersi in una VBB trasformata in farobasso. La povera Vespa viene privata del manubrio in pressofusione, sostituito uno vagamente simile a quello adottato sulle 125 anni cinquanta; viene collocato il faro sul parafango. La coda è riempita di stucco, così come i cofani laterali, al fine da eliminare nervature e sovrapposizioni dei lamierati, conferendo alla scocca l'aspetto più tondeggiante tipico dei modelli più anziani. Ne deriva una Vespa-Frankenstein completata da dettagli improbabili, come lo sportellino di accesso al carburatore (il quale ovviamente è altrove), dopo aver barbaramente tagliato la scocca con prevedibili implicazioni sulla sicurezza del telaio. Vietbodge significa anche questo; prendere una VBB e trasformarla in una "farobasso", con discutibilissimo risultato estetico. Fonte: Facebook Chiudo così questa carrellata, pur con la consapevolezza che se ne potrebbe parlare molto più a lungo. Chiudo, dunque, con la più naturale considerazione, alla luce di quanto espresso: prudenza negli acquisti e massima attenzione ai dettagli; non fatevi ingannare dal prezzo appetitoso: in questo caso è appropriato il detto «Chi meno spende più spende».Da non confondere con tutto questo i mezzi nuovi di derivazione Vespa prodotti dalle licenziatarie LML e Bajaj: i livelli qualitativi sono ovviamente ben diversi. Del resto la produzione in serie prevede un «controllo qualità», ovviamente del tutto assente nell’attività di ricondizionamento «artigianale e truffaldino» di cui abbiamo pocanzi parlato.Quando si tratta di mezzi restaurati, diffidate, in particolare, di quelli provenienza incerta oppure accompagnati da documenti di origine estera così remota; è sempre bene dubitare criticamente del lavoro altrui, perché spesso la professionalità lascia il posto alla fretta ed alla ricerca del massimo guadagno. Nella scelta è sempre bene farsi assistere da chi ha maturato una maggiore esperienza e può così scongiurare incauti acquisti. A conclusione, indico alcune pagine delle quali consiglio la lettura: http://www.thevespawizard.com.au/the_black_vbb.htm https://baritaliaclassics.com/___tech_08.html https://scootinoldskool.wordpress.com/2012/07/05/bodge-bodge-viet-bodge/ Su Facebook: https://www.facebook.com/groups/516093408477209 Marco Benardi Marben per vesparesources.com
  17. La risposta ben si addice ad un politico, così come la sua condotta precedente. La Vespa era in un annuncio? Non hai salvato delle foto? Perdonami Paolo, ma apportare tutto quel materiale in quel punto è irragionevole se non nel tentativo di mascherare qualcosa. Se non ci fossero strani rigonfiamenti o, più probabilmente, buchi già aperti, non avrebbe senso mettere così tanto stucco e doverlo carteggiare e livellare.
  18. Non è così. Non è poi tanto raro imbattersi in veicoli "demoliti" che conservano la targa originale (o le targhe). Attualmente questa situazione è disciplinata ammettendo proprio il riutilizzo della targa originale. Vedi la circolare 19277/23.25 del 2010: https://mit.gov.it/index.php/normativa/Circolare_protocollo_Div_2_prot_n_19277_03-03-2010 Riporto, dal punto 2.2.1.2, che contempla anche i veicoli radiati per demolizione: Può accadere che il richiedente la riammissione alla circolazione sia in possesso dei documenti di circolazione originari e/o delle targhe. Nel caso di possesso delle targhe originarie, la riammissione alla circolazione può essere effettuata, a richiesta dell’interessato, con la riattivazione della targa originale. Il documento di circolazione originale, se presente, è aggiornato, oltre che in relazione ai dati dell’intestatario, con l’annotazione “veicolo di interesse storico collezionistico, iscritto al n. …… del Registro…, riammesso alla circolazione in data ……….” L’annotazione è apposta manualmente, ovvero, qualora disponibili le procedure meccanografiche, con la stampa di apposita etichetta. Purtroppo come testimoniato da Guabixx ci sono uffici provinciali della MCTC che si rifiutano di attuare questa possibilità la quale, comunque, è espressamente prevista.
  19. A riguardo dei demoliti, è vero, è una stortura. Ma se l'ottica è privilegiare la storicità, quale testimonianza del passato, credo sia giusto mantenerla quando possibile, anche se è frutto di una inadempienza burocratica. Per questo trovo fuori luogo la riassegnazione, che ha più il sapore di una falsificazione. Giusto assegnare un nuovo numero, applicandolo ad una targa la cui estetica non sia troppo "impattante". Mi chiedo cosa accadrà anche con le visure, e di questo forse non si è parlato. Penso sia legittimo poter ricostruire la storia di un veicolo, anche se questo fosse andato distrutto. Consideriamo che ci sono Motorizzazioni zelanti che, nel tempo, hanno inserito nel database elettronico tutti i dati dei vecchi cartacei. Novara mi pare sia fra queste. Sarebbe quantomeno strano avere ambiguità e sovrapposizioni. Per questa ragione io sarei prudente anche con la riassegnazione di targhe sicuramente distrutte, come quelle sostituite per cambio di provincia o per deterioramento. Anche perché sarebbe più giusto poterle eventualmente riassegnare al veicolo originale, magari ritargato a termini di legge dopo quarant'anni dalla prima immatricolazione.
  20. Batti sul perno centrale con un martello di plastica e nel frattempo tira il tamburo verso di te. A poco a poco dovrebbe uscire. Al limite si può usare un estrattore a bracci.
  21. Pare lui, anche se la scheda non fa menzione della resistenza a olii ed idrocarburi. Però non mi ha dato problemi.

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Board startup date: September 04, 2017 19:43:09
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