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Marben

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  1. Non per fartene una colpa, ma lo spessore dello stucco nella zona di congiunzione fra il tunnel e la parte posteriore della scocca è davvero notevole. Si nota a vista che c'è davvero tanto materiale apportato, al punto che non si nota più la sovrapposizione delle lamiere. Questo non può che essere stato fatto per una ragione: nascondere una grossa magagna. Con questo resta che il comportamento del venditore è alquanto scorretto; il prezzo di vendita affatto basso aggrava la sua condotta. Credo tu abbia margine per rivalerti e credo sia anche doveroso farlo. Consiglio di farsi assistere negli acquisti da qualcuno che abbia una buona conoscenza di questi mezzi; anche non di persona, per problemi così macroscopici possono bastare poche foto.
  2. Mi pare sia la 603, ora ne ho una equivalente a marca CFG. Meglio se dichiaratamente oleocompatibile, vista la destinazione d'uso.
  3. Piaggio, almeno sino a qualche anno fa, forniva Rolf e li montava in primo equipaggiamento sui motori PX più recenti. Io ho adottato sempre questi e non ho mai avuto problemi. So che qualcuno coi Corteco a bordo metallico ha avuto proprio questo problema di attrito col cuscinetto. Non so se esistano Corteco di misure diverse, io in ogni caso eviterei di manipolarli così come eviterei di non inserirli completamente: già la superficie di interferenza è ridotta, non conviene ridurla ulteriormente. Ti consiglio di cercare il Rolf per questo caso specifico. Per tutti gli altri, Rolf e Corteco si equivalgono. P.S. Queste paraoli col bordo cilindrico io sono solito montarli con un velo di Loctite per accoppiamenti cilindrici. Lungi da me dire che sia necessario, s'intende. Nel mio caso almeno un Rolf è lì da più di 50.000 km e sarebbe bello se ne facesse ancora altrettanti.
  4. Luca, immaginavo esistessero situazioni anomale e qualcuna l'avevo notata, ma mi apri un mondo. È facile immaginare che i replicatori di targhe - ad uso notoriamente collezzzzzionistico - si butteranno nell'affare, del resto è il loro mestiere. Hanno molto affinato le tecniche fino a qualche anno fa, ma ho qualche dubbio che siano a conoscenza di tante varianti. A me preoccupa sempre la vaghezza del legislatore e la babele dei funzionari che attuano in base all'oroscopo.
  5. Marben

    Buon 2021

    Tanti auguri di buon anno anche da parte mia.
  6. Purtroppo non ho mai smontato un devio ad otto fili, però sono convinto che smontandolo si possa riparare. Partiamo da due considerazioni. La prima è relativa all'assemblaggio del deviofrecce. E lo stesso vale per tutti i blocchetti (luci o frecce che siano) realizzati su circuito stampato. Per smontarli, come è stato accennato, occorre dissaldare i commutatori dal circuito stampato principale, dopo aver dissaldato i cavi. A questo scopo si rivela molto utile una stazione dissaldante, ovvero un saldatore a stagno la cui punta ha un foro passante, collegato mediante una tubazione ad una pompa per il vuoto. In mancanza di una simile apparecchiatura, si può utilizzare una pompetta succhiastagno manuale. Metodo più brutale è l'eliminazione con aria compressa ma la sconsiglio in quanto pericolosa. Lo stagno fuso a 350° fa male e come minimo bisogna proteggere molto bene gli occhi. Una volta eliminato lo stagno, sarà possibile sfilare il deviatore, che deve uscire dal lato esterno. A quel punto si può estratte anche il circuito stampato principale, che è trattenuto nel corpo in plastica da quattro dentini. Si fa leva delicatamente e lo si fa saltare fuori. La seconda considerazione è sulle caratteristiche costruttive di questi blocchetti. In pratica sono costruiti su molteplici stampati in vetronite (almeno quelli più recenti). Il principale è quello che chiude posteriormente; poi, ai fianchi di ciascun interruttore/deviatore, ve ne sono altri due, che si innestano su quello principale. Un sistema di questo genere per sua natura risente dell'usura maggiormente rispetto ai vecchi commutatori: i contatti sono lamine sottili sulla vetronite, analogamente alle piste di uno stampato. Per questa ragione lo strato di rame può consumarsi e bucarsi, aprendo inesorabilmente il circuito. A me è accaduto con un deviofrecce per PX di quelli di produzione asiatica, col tasto rosso delle quattro frecce. Dopo circa 45-50000 km di utilizzo ha cominciato a funzionare con qualche incertezza, sino a non funzionare affatto. Un contatto si era consumato. L'ho smontato procedendo come ho indicato sopra, sino a liberare i commutatori. Notando il difetto causato dall'usura, ho tentato una riparazione riportando un po' di stagno e annegando nella goccia qualche trefolo di rame ricavato da un normale cavo elettrico. Ho poi rimontato il tutto avendo cura di ungere con grasso siliconico. Il lubrificante era del tutto assente all'apertura. Ho percorso 10-15000km da allora e continua a funzionare. Io vi inviterei a cimentarvi nello smontaggio, per capire almeno dove sia il problema. Qualora vi fosse qualche pezzo usurato, può darsi che possiate ripararlo prelevando pezzi da un qualsiasi deviofrecce PX, mantenendo lo stampato principale del devio PK così come il commutatore supplementare che sovrintende i due cavi che nel devio PX non ci sono. Purtroppo non ho foto più dettagliate del lavoro, ma si vedono i componenti dei deviatori e si nota, su uno di essi, la goccia di stagno che ha 'rattoppato' il contatto. I piccoli circuiti stanno ai fianchi dei deviatori; su di essi insistono i triangolini metallici che, ruotando, operano gli scambi fra i contatti: alcune molle li mantengono in pressione, altre insistono sulle sfere che determinano gli scatti dei tasti; i perni fanno da fulcro.
  7. Marben

    Natale? Strano ma vero

    È stato un anno davvero pesante e, per me e credo per molti altri, questa situazione di emergenza ha comportato molte rinunce. Fra queste gran parte dello svago in Vespa. La consapevolezza di proteggere i miei cari con una sorta di reclusione volontaria ha reso questo sacrificio un po' più leggero, ma non vedo l'ora che questo incubo finisca. Speriamo quindi di tornare presto alla normalità, ovviamente in Vespa! Nel frattempo, però, siate prudenti. Auguro a tutti un Buon Natale, che possiate trascorrerlo serenamente.
  8. Cerco di risponderti per punti. Aggiungendo se possibile qualcosa alle risposte già esaustive che hai ricevuto. È corretto. Il proiettore originale era di produzione Triom. Trasparente in vero vetro, superficie complessa. Parabola in plastica. Lampada tipo S2 35/35W, non alogena. Parzialmente esatto. Come ti ha spiegato Clafo, in realtà la mascherina non è la stessa dell'Arcobaleno. Ha la stessa forma, ma non reca la targhetta PIAGGIO ad incastro. È perciò priva di incavi in quel punto e vi trova posto un adesivo. La scritta PIAGGIO è di grafica moderna - la stessa che si ritrova sulla sella - ed il colore varia a seconda della tinta della carrozzeria. Nero su tinte chiare, bianco su tinte scure. Corretto. Marca Triom. Corretto. L'originale è identico a quello delle ultime serie Arcobaleno. Dunque deve avere: - lancette con punta verde e non giallo fluorescente; - diversa grafica dei numeri sui rulli dell'odometro, con caratteri più stretti e sottili; - viti di fissaggio sul quadrante a taglio; - scritta PIAGGIO molto piccola inserita nel logo esagonale. Corretto. La sella della Millenium ha una diversa imbottitura che le conferisce una maggiore larghezza. In origine: copertura in fintapelle nera, d'aspetto grossolano, con scritta PIAGGIO serigrafata sulla coda. Le manopole originali sono le stesse degli Arcobaleno. Nere con righe longitudinali, senza loghi. Per rispondere alle altre osservazioni, mi limito a dire che, purtroppo, quella di modernizzare queste serie è una vera e propria moda, particolarmente diffusa quando le serie successive erano in produzione. Io stesso sulla mia Euro2 ho montato il nasello Euro3, ma resto dell'idea che le modifiche debbano essere reversibili e non troppo numerose. In particolare la prima PX a disco è un bellissimo modello, a mio avviso da conservare quanto più originale, visto che ormai gli esemplari non stravolti sono piuttosto rari. Per questa ragione io farei uno sforzo e la riporterei originale, tanto più che certi componenti montati ora sono di qualità scadente (come le frecce Bosatta che ingialliscono e si opacizzano in breve tempo). Il fanale è quello non alogeno, come detto sopra. Il nasello senz'altro non è originale. Quello in foto esordisce nel 2001 con la serie Millenium, non prima. Come detto è molto comune trovare questa serie così "modernizzata". La tua non fa eccezione. Ma si tratta di modifiche operate dal proprietario precedente. Frecce bianche con cromature, tachimetro di nuovo disegno e molti altri dettagli nel 1999 non esistevano affatto. Il fatto che "si notino in giro" Vespe con caratteristiche analoghe alla tua è proprio conferma della tendenza ad applicare queste modifiche arbitrarie, spesso tralasciando qualche dettaglio: per esempio sulla tua è sopravvissuto il fanale posteriore originale, lo stesso della Arcobaleno. Per quanto riguarda la scritta sul cofano sinistro, quella che hai trovato potrebbe essere corretta. La scritta nel riquadro nero, con quella curiosa "P" che sembra una "D", infatti, è stata montata sulle "disco" più vecchie, sostituita a cavallo fra il 1998 ed il 1999. Se la tua è stata prodotta - oltre che immatricolata - nel 1999, mi sento di dire che possa essere nata con la scritta a lettere separate (e questa sì, è in comune con le successive Millenium). Analogamente alcune parti in plastica grigia divengono cromate proprio nel 1999. Fra questo ricordo: griglia del clacson e cresta parafango; le primissime disco avevano anche il copribiscotto grigio scuro. Altri dettagli della tua Vespa che sono stati sostituiti: - codino paraurti sempre della PX Millenium - in origine montava quello della Arcobaleno in plastica grigia scura; - tappetino in plastica sul tunnel - è nero(arriva con la Millenium) anziché grigio scuro (Arcobaleno e "disco" fino al 2001) - corpo serratura del bauletto - quella cromata arriva con la Millenium, sulla tua deve essere sempre in lega metallica ma verniciata in nero; - il parafango anteriore è una riproduzione (non è l'originale Piaggio), lo si nota in particolare dalla forma approssimativa ed arrotondata della parte anteriore. Se vuoi avere un raffronto con l'originale, puoi dare un'occhiata a questa pagina. Vi trovi delle fotografie scattate ad una PX 200 del 1998 quando era nuova. Essendo delle prime disco, ha alcune peculiarità: cresta, copribiscotto e griglia clacson in grigio scuro; coperchio manubrio senza copertura della pompa freno (la pompa ha lo spioncino sporgente, poi sostituito da quello a filo); targhetta rettangolare su fondo nero sul cofano sinistro; particolari che - direi non tutti contemporaneamente - cambiano nel 1999.
  9. Stesso mio pensiero. Anche qui su VR nel tempo sono comparse Vespe "demolite per uso su suolo privato" - come uso frequente un tempo, fino a che era ammesso - rinvenute con ancora la loro targa. Per prassi quella targa sarebbe dovuta essere ritirata e distrutta, ma talvolta questo non è avvenuto. Allo stato attuale quella targa può essere mantenuta. Ma, un domani, se quello stesso numero di targa fosse già stato riassegnato? Si rischiano gran confusioni e forse il legislatore non ha ben chiaro il caos che regna in Italia, in larga parte causato dalla duplicità MCTC - PRA che, a quanto pare, in Italia perdurerà sino al giorno del giudizio Per il resto potrebbe essere una buona iniziativa se offerta con rincari modesti. Darebbe un colpo basso all'assurda speculazione che in Italia si opera col pretesto della "targa originale". Ma potrebbe, per assurdo, avere l'effetto contrario qualora questo servizio comportasse aggravi notevoli, e già c'è stata allusione a qualcosa del genere, visto che oggi più che mai c'è necessità di fare cassa. Hanno già iniziato col rincaro della revisione biennale. Il rischio non dovrebbe esistere: già ora quando avviene una reimmatricolazione viene annotato l'anno di prima immatricolazione in Italia, se noto, oppure quello di costruzione. La mia VNB5, che ho reimmatricolato nel 2012 come veicolo di origine sconosciuta, ha indicato sulla carta di circolazione l'anno di costruzione (1964). Questo non evita in assoluto equivoci (spesso in questi casi viene (o veniva) comunque indicata la "prima" revisione a distanza di quattro anni - vedi Portale dell'Automobilista - mentre a termini di legge, non trattandosi di un veicolo di nuova fabbricazione, la prima revisione cade dopo due anni. In ogni caso vengono comunque riconosciute l'anzianità e la storicità dei veicoli, anche ai fini assicurativi. Certo, la digitalizzazione degli archivi cartacei del PRA sarebbe un'ottima cosa e permetterebbe indagini molto interessanti. Purtroppo, però, pare che non sarebbe sempre possibile per la distruzione degli archivi di alcune sedi, anche per calamità naturali (avevo letto di qualche caso del genere). Credo che peraltro ormai il PRA, come emanazione dell'ACI (sempre più simile ad una macchina da soldi), sia sempre più orientato verso attività meno faticose e più remunerative. Le recenti politiche sembrano volte a limitare sempre di più le interazioni col pubblico; risparmio e semplificazioni per il cittadino ad oggi non pervenuti.
  10. Per ridursi così in quel punto, temo che questo telaio fosse seriamente interessato dalla ruggine e che non sia stato fatto nulla per risanarlo. Stucco e pittura, bella figura. Dietro quel punto c'è il lamierato interno del passaruota. In pratica, in quel punto sono accoppiate due lamiere. Fra le due, specie se è venuto meno il sigillante originale, può svilupparsi ruggine. Nel tempo può diventare passante. Dal momento che il problema non può che manifestarsi "da dentro", essendo arrivato alla parte esterna non può che essere molto, molto radicato.
  11. Ciao Pietro, ho provveduto a modificare la foto come da tua richiesta. Comunque era solo tre le cifre visibili, dunque niente di cui preoccuparsi.
  12. Mai direi mai! Visto che la tua VNA e la mia VNB spesso e volentieri si sgroppano un po' di chilometri, di curve, di salite e di discese... senza dare pensieri.
  13. Non sono un ingegnere meccanico quindi sono l'ultimo che può proporre una soluzione efficace. Però credo sia utile osservare le soluzioni usate su mezzi moderni cge presentino almeno qualche similitudine con la Vespa. Gli scooter moderni che ho visto conservano sistemi simili a quelli della Vespa, mutati in forme e dimensioni ma concettualmente simili. Non si adottano cuscinetti, eventualmente si aggiungono biscotti al fulcro del gruppo motore-sospensione e a quanto so è un espediente per limitare le sollecitazioni delle vibrazioni sul telaio. Che la sospensione posteriore della Vespa classica sia migliorabile è senz'altro vero. E lo sapevano anche in Piaggio, dove continuo a credere che in passato si siano espresse menti estremamente brillanti anch'esse non infallibili. La dimostrazione è la Cosa, che comunque resta la massima evoluzione della Vespa largeframe. È interessante notare come con la Cosa siano state addirittura aumentati (in numero e massa) gli elementi elastici. Io non credo chei silent block della Vespa non siano progettati per sopportare torsioni. Anzi forse è proprio per questo che su alcuni modelli venivano molto compressi (riducendone significativamente il diametro) per inserirli nella loro sede; in altri casi, è stata molto aumentata la massa del materiale elastico (dalla GS160 alla T5, passando per le 180 e le 200). Qualità dei materiali e specifiche di progetto sono decisive: per esempio i silent lock originali Piaggio per le 200 distribuiti in tempi recenti non sono conformi, in quanto non ben vulcanizzati sui supporti e cedono in poche migliaia di chilometri. Altri prodotti di qualità resistono a lungo, come del resto resistevano (per decenni) quelli di primo equipaggiamento. * Questa discussione non sarà cancellata. Non è uso dello staff censurare o alienare dei contenuti. La discussione può procedere come è proceduta sino ad ora, senza mancanze di rispetto e comunque con uno scambio costruttivo. Un confronto corretto non deve necessariamente essere condiscendente.
  14. Marben

    Vespa px ko

    Sposto nella giusta sezione (Tuning Largeframe) Raccomando di utilizzare la sezione Emergenze solo per reali situazioni di emergenza, come indicato nell'indice delle sezioni.
  15. Ciao Claudio, ottimo! Io ne ho fatto uno smile ma con sole staffe saldate. Il tamburo RMS... lo saprai già ma... buttalo o fanne un orologio!
  16. Il trapianto dovrebbe funzionare, ma bisogna verificare se la sezione del nucleo sul quale montare la bobina è la stessa. Tuttavia, se altri hanno sperimentato con successo la modifica Zip, puoi perseverare. Assicurati che le saldature siano a posto e che non ci siano contatti verso massa se non quello all'inizio della serie di avvolgimenti.
  17. La mia ET3, immatricolata ad ottobre 1981, telaio 120xxx, montava bloccasterzo Neiman e serratura bauletto Zadi, quest'ultima palesemente molto più recente (nel 1981 Zadi aveva ancora il logo vecchio). E lo sportellino aveva segni di manomissione, fu forzato, come confermato dall'ex proprietario, una volta che fu lasciata incustodita. Dunque almeno fino a fine 1981 le serrature erano Neiman; considerando, però, che la PX ha montato Neiman sino all'avvento dell'Arcobaleno, mi riesce difficile pensare che sulle ET3 (o sulle Primavera) montassero Zadi. Aggiungo che per un po' di tempo, dall'esordio, Piaggio ha montato Giobert sull'Arcobaleno, e non Zadi, indicativamente almeno fino al 1985...
  18. No, il regolatore "A A" ha senso solo col doppio circuito, poiché ha due funzioni separate: regolatore per il ramo in alternata, e regolatore+raddrizzatore per il ramo in continua. Dunque nel tuo caso è necessario mantenere il regolatore "G G" senza modifiche allo schema. Ma la modifica che ti è stata proposta è già stata collaudata ed è di provata affidabilità? Mi viene da pensare che con questa modifica si abbia una tensione abbastanza alta ai capi della serie di 4 bobine, e non so se il regolatore è adatto in tal senso. Io ragiono tenendo come riferimento gli statori PX: lo statore "cinque fili", che è teoricamente comparabile con quello originale della tua Star, ha una bobine con meno spire e sezioni maggiore del conduttore, rispetto al "sette fili" che sulla carta dovrebbe essere paragonabile a quello dello Zip.
  19. Premetto che ho letto in pochi secondi e molto sbrigativamente, mi riprometto poi di studiare bene gli schemi pubblicati. Se ricordo bene, lo statore Zip è molto simile, di principio, allo statore dei PX America nonché agli Elestart 1985/1986. Per un collegamento ortodosso di uno statore così configurato, è raccomandabile adottare un diverso regolatore (A A C +B Massa) e soprattutto ridurre il carichi alimentati dall'alternata. PX Elestart di primo tipo, gli America e - a memoria - lo stesso Zip avevano frecce e stop alimentati in corrente continua, da batteria. Non deve stupire che il ramo "in alternata" non riesca ad alimentare tutti questi carichi senza un'eccessiva caduta di tensione. Lo statore "America" (PX a sette fili), infatti, aveva quattro bobine "servizi" in due serie separate. Lo stesso dovrebbe valere, mi ripeto, per lo Zip, ma è bene che mi confermiate. Due bobine per le utenze in alternata, due bobine per la ricarica della batteria. Io consiglierei di modificare l'impianto, deviando frecce e luce d'arresto sotto batteria; per adottare il regolatore "A A" è necessario condurre due nuovi cavi dallo statore al regolatore. Anni fa ho effettuato questa modifica alla mia PX del 2007, a beneficio dell'efficienza della ricarica, ovviamente usando uno statore PX a 7 fili; posso dire che col regolatore "A A" la tensione di ricarica arriva a circa 14,5V, mentre con l'impianto originale si ferma a 13V circa.
  20. È proprio questo il punto. Il problema è complesso ma si preferiscono bersagli facili per operazioni di facciata.
  21. Più o meno nello stesso periodo, ho rinunciato ad una bellissima 200 Arcobaleno del 1996 di un signore del mio paese. 800€, condizioni buonissime. All'epoca il presidente della Lombardia passava il tempo a fare proclami sui blocchi dei veicoli Euro 0 e gettai la spugna: non volevo spendere i miei (pochi) soldi in un soprammobile. Mi mangio le mani ancora, come per tanti acquisti cui ho rinunciato. Un paio d'anni dopo un commerciante furbacchione, sempre del paese, da tempo passato dall'autoriparazione alla compravendita di Vespe, la mise su Subito a 2900€. I proclami di politici intanto sono finiti in un fuoco di paglia, anche se ciclicamente ritornano, è vero... Sono personaggi studiati in laboratorio per ostacolare la vita della gente onesta, a tutto vantaggio dei furbacchioni, categoria nella quale, del resto, possono senz'altro riconoscersi anch'essi.
  22. Sì, decisamente la bobina di carica dell'accensione ha un problema. È aperta e di conseguenza non può erogare la tensione necessaria all'alimentazione della centralina. Penso che, come nell'accensione PX, questa bobina abbia un conduttore di sezione molto ridotta (per una tensione ai suoi capi che dovrebbe arrivare a sfiorare i 200V); non è quindi tanto raro che si interrompa. Controlla le saldature accessibili, ma temo sia necessaria la sostituzione.
  23. Non avendo necessità di spunto per l'avviamento elettrico, la soluzione più pratica è l'installazione di una batteria di tipo stagno - largamente utilizzata negli impianti di antifurto e nei gruppi di continuità a bassa potenza - abbinata al classico regolatore tipo PX Elestart post 1987. Il classico regolatore con contatti 'G G C +B Massa', insomma. L'uscita +B va connessa direttamente alla batteria; il contatto C è riservato al segnale sottochiave, facoltativo in un impianto semplice. Il contatto chiave del PX prearcobaleno è predisposto per la chiusura di un contatto a chiave girata, ideale per aprire il circuito 'sottochiave' a motore arrestato. Per la batteria, si può usare una 12 V - 7.2 Ah di facile reperibilità.

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Board startup date: September 04, 2017 19:43:09
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