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la 3 mari 2005


highlander
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negli ultimi giorni di aprile ho avuto il piacere di conoscere personalmente Calabrone, sono andato a trovarlo a casa sua, mi ha pure portato nel suo "antro" dove gioka con le sue vespette.

 

in quell'occasione mi ha regalato un cd:

 

il cd contiene le foto della 3mari 2005, e le foto del raduno di lamezia terme di settembre 2005, vorrei farvi notare che in ben due occasioni eravamo spalla e spalla, ma non ci conoscevamo assolutamente ....

 

cmq oltre alle foto, un bel lavoro di montaggio ed altre cosine ho trovato un foglio di word intitolato "DIARIO DI BORDO" subito sono andato a leggerlo, convinto di trovare un bel resoconto dell'anno scorso .... ebbene signori a mio modestissimo parere è molto di più racchiude l'essenza della 3mari di questo signore, insomma l'ho trovato bellissimo ... pertanto ho chiesto a Calabrone di chiedere il permesso ad Attillio (lo scrittore del racconto-senzazioni) di pubblicarlo qui!!! me lo ha dato e pertanto lo copio-incollo di sotto, naturalmente cancellerò il cognome dell'amico Attilio, che avrò il piacere di conoscere quest'anno, farà parte della mia squadra ;)

 

vorrei dedicarlo

a chi c'era: che si ricordi quei bei momenti

a chi non c'era, ma ci sarà quest'anno: che capisca cosa l'aspetta

a chi non c'era e non ci sarà: che veda cosa si perde e si prepari per il prox anno ;)

 

Diario di bordo

 

“Peccato...”. Seduto su una panchina di questa piazza di Bisignano, con le mani intrecciate dietro la testa come chi osserva con soddisfazione la propria impresa, non ho il tempo di godermela che la nostalgia già si fa strada: “Peccato…”. E più la piazza va riempiendosi di voci, di rumori, e di colori, più quelle sensazioni che hanno segnato gli ultimi tre giorni sembrano allontanarsi. Mi ritrovo così a ripercorrere volti e strade, cercando di fissare nomi e paesaggi, in un tempo sospeso e ovattato che riprende a scorrere quando è ormai sera, e quella piazza è diventata la festa di tutti. Intorno, le vespe sui loro cavalletti ancora cariche di borse, coccolate protagoniste di un raid diverso da tanti altri: la Tre Mari, rievocazione di una gara entrata nel mito, e tornata dopo un’assenza lunga 40 anni, si è appena conclusa. Sorrisi, pacche, sfottò che rimbalzano da un capannello all’altro in un’atmosfera rilassata e complice, e in un attimo capisci che è tutto qui. È il popolo della Vespa, con quel modo così particolare di stare insieme, di fare gruppo, che incarna un mito al cui fascino è difficile resistere, e che infatti da oggi ha un nuovo adepto. Arrivato alla partenza di Bari con una vespa presa in prestito, e un approccio decisamente approssimativo, graziato solo dalla benevolenza che la metereologia riserva agli iniziati, e sospinto dalla pazienza di Emanuele, mio prezioso compagno di squadra, sono qui a farmi risucchiare da progetti di nuove partenze, e soprattutto, intenzionato ad acquistare, a qualunque costo, una vecchia Vespa. E intanto, pensando per un attimo alla distanza che mi separa dal 1961, anno di nascita mio e, mi dicono, della Vespa 160GL, vado ripetendomi che in fondo non è mai troppo tardi per la prima vespa; del resto, basta cercare con lo sguardo in quella piccola folla Angelo, per sentirsi immediatamente rassicurati. Angelo, del Vespa Club Catanzaro, 40 dei suoi 71 anni passati a fare il capo officina Piaggio, uno che della Vespa conosce ogni minimo segreto, e che restituisce al raid quella dimensione di altri tempi, fatta di olio che annerisce le mani, e lenta pazienza: seconda tappa, quella che in 320km porta da Leporano a Bisignano, e Angelo meraviglia tutti, chinato al ciglio della strada con le mani nelle viscere della vespa, tirarne fuori il pistone ribelle, e rimontarla poi pezzo per pezzo, ripartendo con una scrollatina di pedale, come fosse la cosa più normale del mondo. E certo quella di Angelo e della sua squadra di sessantenni, testimoni di una passione che non conosce età, e che li ha portati a percorrere insieme le strade della Grecia e del Portogallo, non è che una delle tante storie che ci hanno accompagnato in questa indimenticabile tre giorni. Storie di piccole e grandi sfide, attraverso le quali tentare di cogliere il senso della partecipazione ad un raid nato con altre valenze sociali nell’ormai lontanissimo 1953. Già al briefing della sera che precede la partenza, nella sede del Vespa Club di Bari, ho la prima sorpresa: nel guardarmi intorno, cercando di farmi un’idea di quelli che saranno i miei compagni di strada, non incrocio che un solo volto di donna. È Aurora, del Vespa Club Lecce, che nell’atmosfera scherzosa della cena troverà poi il modo di ironizzare su questa sua seconda luna di miele con 70 uomini. Lei e Gino sono sposati da neanche un mese, appena tornati da una settimana trascorsa sulle spiagge dell’Egitto proprio per poter partecipare a questa prima storica riedizione della Tre Mari. A dire il vero, avrebbe dovuto esserci anche Elena insieme a Luigi “baffone”, chiamato così per via del nickname usato in Internet, partiti da Firenze, ma che un incidente nella notte ha fermati ad Ancona. Niente di particolarmente grave, si dice al mattino in un clima di apprensione e di telefonate, ma che senza dubbio toglie al rito ufficiale della partenza qualcosa della sua euforia. Si parte a distanza di cinque minuti dalla squadra che precede, e i primi a partire sono quelli con la Lambretta, la cui presenza in un raid di sole vespe riaccende antiche rivalità mai del tutto sopite. Marco detto “il Minghetti”, Thomas, Maicol, e Martin “Sticky” Round, giornalista e fotografo free lance premiato poi per lo scooter più originale, oltre ad essere probabilmente i più bravi rianimatori di lambrette d’Italia, sono un gruppo di amici che sembra uscito da un film come Radiofreccia. Ragazzi dalla goliardia inesauribile e contagiosa, che da anni vivono questi appuntamenti on the road come una dimensione irrinunciabile del loro stesso modo di essere, sintesi più che mai felice dello spirito romagnolo, mescolato ad uno stile di stampo anglosassone. Dal 1989, anno in cui sono ripresi da Strasburgo gli Eurolambre, i raduni dedicati alle Lambrette, fino all’ultimo del 2003 all’isola di Man, gli angloromagnoli di Forlimpopoli hanno viaggiato così per tutta l’Europa, senza mai rinunciare al rito sacro dell’happy hour, e già sono in preparativi per il raduno di quest’anno all’isola di White, come raccontano entusiasti durante la cena al termine della prima giornata di viaggio. Una tappa di 340km., da Bari a Leporano, attraverso un percorso di scoperta che fa quasi il periplo della Puglia, fatto di paesaggi dalla bellezza primordiale, e di città come Locorotondo, Lecce, Otranto, Galatina, i cui nomi bastano da soli ad evocare suggestioni senza tempo. E proprio a Lecce, inimitabile armonia di romanico e barocco, facciamo tappa per il timbro di controllo da Bardicchia, che a dispetto di una sede piuttosto anonima, scopro essere il più antico concessionario d’Italia della Vespa. Non solo, ma come mi racconta Gianni, presidente del Vespa Club Lecce, l’ormai ottantenne Bardicchia è uno dei veterani della Tre Mari, tra i partecipanti alle edizioni del 1953, ’54 e ’55. E a dire il vero, non è l’unico, di veterano. A vegliare su tutti noi a bordo del “carro scopa”, insieme all’instancabile Maurizio, presidente del Vespa Club Bari, e uno degli artefici della rinascita di questo raid, c’è Nicola, premiato nell’edizione del 1954 come vespista più giovane; addirittura, come ricorda con una punta di nostalgia, non aveva ancora compiuto i 18 anni, tanto che per partecipare “costrinse” sua madre ad un atto notarile. Ed è proprio Nicola a passare il testimone al più giovane di questa riedizione, Giuseppe, 18 anni, che viene premiato all’arrivo di Leporano prima di ripartire per la seconda tappa, quella calabrese, che stupisce tutti per la varietà dei paesaggi. Dallo Ionio cristallino di Trebisacce, su per i tornanti del Pollino, e ancora su, fino ai 1000mt. del Valico della Crocetta, per poi scendere sul Tirreno di Paola, ultimo dei “tre mari”, e risalire infine verso Bisignano. Una tappa guidatissima, che accende quel pizzico di agonismo che è il pepe di certi dileggi della sera a tavola, e che costringe l’ultimo arrivato a mandare giù, come penitenza, uno dei famigerati peperoncini calabresi. Nicola, Angelo, Aurora, il Minghetti, e poi ancora Mauro, con le sue ferite ancora fresche che raccontano più di tanti trofei, Manuel, Beppe, nostro compagno di squadra acquisito; nomi e storie che scorrono nella memoria mentre sono seduto su questa panchina, e che rimarranno come i tanti volti di questo raid, insieme ai sorrisi di curiosità e di simpatia che hanno accolto ovunque il nostro passaggio. E forse, questa nostalgia che mi prende allo stomaco, è il segno di un qualcosa che l’andare di questi giorni ha risvegliato, una voglia di essere in viaggio assai diversa/lontana dall’ossessione di arrivare. Intanto, però, c’è ancora questa notte, con il tempo per qualche scampolo di goliardia, e per l’emozione di dormire in un convento del 1200, sempre che per padre Nilo, o per gli altri quattro frati non sia troppo tardi per sentire la campanella, e venire ad aprirci.

 

Attilio

(Mediterraneo e Dintorni, numero di Luglio 2005)

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Grazie Francé e grazie Attilio. Lo farò leggere ad Aurora, ne sarà sicuramente contenta, come lo sono io.

 

Ciao, Gino

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Grazie Emanuele!

 

Ciao, Gino

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