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Ducati 500 Pantha


Oizirbaf
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Mi è stato difficile decidere se inserire questo post nel forum “Non solo Vespa” oppure in “Come eravamo”. Infine tra i due ho scelto “Non solo Vespa” perché il soggetto delle foto allegate è la moto e non il sottoscritto con un paio di decenni in meno, (rabbrividisco :mrgreen: scrivendolo), che compare in alcune immagini. Veniamo a lei: “Cacafuego” questo il nome che le diedi. La acquistai, ovviamente usata, con i risparmi dei primi stipendi, nell’85 se la memoria non mi inganna. Una Ducati 500 Pantha II serie (credo) era la prima versione del bicilindrico progettato dall’Ing. Taglioni. Nato 500 cc, cilindrata classica, si prevedeva di realizzarne una versione 350 cc per i diciottenni (all’epoca si dovevano aver compiuto ventuno anni per guidare moto di cilindrata superiore ai 350 cc) ed eventualmente modelli di cilindrata superiore. Era un motore innovativo: la distribuzione comandata da cinghie dentate, una novità per i tempi, l’accensione elettronica, la rinunzia alla leva d’avviamento, il perno del forcellone integrato nel carter. L’architettura: bicilindrico ad L riprendeva quella dei noti “pomponi” 750 e 900 con la distribuzione comandata da alberini ad ingranaggi conici progettati anche essi da quel genio dell’Ing Taglioni motori con cui il piccolino coesisterà per alcuni anni. La moto poi aveva assetto e componentistica decisamente sportivi: tre freni a disco, ammortizzatori a gas, cerchi in lega, strumenti giapponesi come quelli delle Honda 500 four, codino asportabile per rendere la sella monoposto e soprattutto una semicarenatura davvero affascinante. Una versione da turismo venne anche proposta ma ebbe davvero poco successo. Naturalmente si conquistò subito la fama di moto potente e dotata di un gran telaio e subito fiorirono modifiche ed elaborazioni al punto che divenne ben difficile, a distanza di qualche anno trovarne una originale.

Naturalmente non era tutt’oro quel che luce: la carena bella si ma disegnata e montata con notevole pressappochismo vibrava alle estremità del cupolino, non era dotata di specchietti, né era possibile installarveli in maniera decente, il supporto anteriore della carenatura, in alluminio, si rompeva ogni settimana e l’unica soluzione consisteva nel farselo realizzare in acciaio da un fabbro. Il tappo della benzina non c’era verso che tenesse: non si poteva fare il pieno altrimenti alla prima accelerata ci si ritrovava con i cabbasisi in salamoia di benzina. La frizione, a cavo, era davvero speciale: per azionarla necessitava di una forza erculea, unita ai mezzi manubri bassi, stretti e non regolabili a causa della carenatura rendeva la passeggiata in centro una tortura con il braccio sinistro che al decimo chilometro doleva sino alla spalla. Comunque quel tipo di guida garantiva al pilota la crescita degli avambracci di Braccio di Ferro nel giro di pochi mesi. La sella biposto era congegnata in maniera tale che l’eventuale passeggero ad ogni frenata franasse sulla schiena del conducente che doveva sostenerne il peso sulle braccia e sui polsi altrimenti si sarebbe arrestato con le parti molle sulla gibbosità del serbatoio. La tenuta di strada era ineccepibile, l’avantreno solido come una roccia, le strade di montagna il terreno giusto per godersela a patto di legare sul serbatoio un bel sacco a pelo arrotolato su cui stravaccarsi alleviando la fatica di braccia e polsi. Per dire qualcosa del motore dobbiamo chiamare in causa vocaboli jazzistici: tromboncini e cornetti. La vulgata voleva che i motori Ducati dovessero avere l’aspirazione libera quindi la scatola del filtro, il filtro dell’aria e relativi manicotti si dovevano rimuovere e sostituire con i famosi cornetti montati direttamente sui carburatori. I carburatori gia! Due abbacchi posti l’uno dietro la fiancatina sinistra in posizione verticale l’altro tra i cilindri semisdraiato, ognuno con il suo bravo filo del gas, addirittura con getti diversi tra loro più magro quello del cilindro orizzontale più grasso quello del cilindro verticale. Diciamo che raramente riuscivano a lavorare in sintonia. I tromboncini: la moto usciva con due lunghe marmitte marca Conti adeguatamente silenziata. Queste marmitte oltre ad essere bruttine si sfondavano abbastanza presto alle estremità. A me la vendettero con montato un due in uno nero piuttosto brutto, però il venditore mi consegnò anche i colletori, il compensatore e le due marmitte originali sfondate. A mia volta acquistai un due in uno cromato, faceva un figurone, ma andava peggio di quello nero. Quella del due in uno sembrava una scelta logica: assai meno peso ed ingombro, una linea più sportiva e filante. Però dopo anni passati a cambiare getti, provare cornetti, montare e smontare la marmitta cromata e la nera alla fine ci feci rimontare collettori e compensatore originali con due tromboncini Conti e la moto andava bene ma ormai mi aveva stancato.

:-(

La scambiai con la Vespa 200 più un conguaglio e debbo dire, che in fin dei conti, non me ne sono mai davvero pentito. ;-)

 

Una curiosità sul nome Pantha: qualche anno prima la Ducati aveva realizzato un modello 900 con il motore a coppie coniche che battezzò Darmha sull' onda del successo dello sceneggiato Sandokan. Qualche anno dopo pensarono di seguire questa tradizione che avevano creato :mah:

 

:ciao::ciao::Lol_5:

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Bellissima! Pensa che tutte le mattine in estate, andando al lavoro in Vespa, incontro un signore sulla cinquantina che ne ha una identica alla tua.

Ci scambiamo sempre un cenno di saluto in onore dei nostri gloriosi mezzi...

Non ci siamo mai parlati e non ho mai neanche osservato da ferma la sua Pantah, ma se non sbaglio ha montato gli specchietti rivolti verso il basso, in una posizione a dir poco bizzarra.

 

M

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Ciao, io ho avuto la sua "nipotastra" Cagiva (ALazzura 650 del '86). Il telaio era praticamente lo stesso (3 freni a disco, amm. a gas...), gran motore....peccato che.....ne avesse sempre una .....i carburatori non lavoravano in sintonia..continue necessità di regolazione delle valvole (pena un "casino" sferragliante....)....impianto elettrico da "puffi" (batteria scarica ogni 2-3, lampadine bruciate, motorino d'avviamento ko 3 volte...) MANCANZA DI RICAMBI cronica fin da subito....(figuriamoci adesso...)..tutte cose che da quando sono passato alle jap non ho mai più visto. La mia aveva la frizione idraulica, ma.....dura come un sasso lo stesso... La migliore esperienza che ebbi con quella moto fu quando la diedi in permuta per una kawasaki....da quella volta (idem con le successive) ho avuto meno problemi con le moto che con le vespa (che già avevo)!!!!!

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ma le maniglie posteriori nella terza foto che sono?

 

Sono la base del portapacchi che era estraibile con due fermi a scatto. In genere lo toglievo perchè la Ducati con il portapacchi era davvero triste. Per togliere quella base si dovevano invece smontare diverse cose.

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  • 4 weeks later...
MODERATOR

azz. ma siete tutti pieni di belle moto!

:bravo::bravo:

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  • Utenti Registrati
STAFF

bellissime... Marino... è qui o in IT?

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Grazie PV sei molto gentile, sento la necessità di fare i complimenti a tutto il forum che mi "ci" permette di condividere

queste emozioni. Ciao Fabio, in questo momento sono qui in terra Elvetica, ogni tanto porto qualcosa

dai miei genitori a Padova per scorazzare con gli amici ( e anche per mancanza di spazio).

Saluti Marino ;-)

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Posto foto della mia Ducati Pantah 600 restaurata circa 3 anni fa.

 

E' bellissima! La 600 andava assai meglio della 500. Aveva pinze dei freni anteriori dietro i foderi e non avanti come le aveva la mia. Credo avesse anche il comando idraulico della frizione. Comunque è spettacolare!

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MODERATOR

Marino belle le foto e belle le tue moto,ma ora che ne diresti di postare una tua in piega motomondiale?

o vuoi il lard disk come Vale? eheheheheh

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